Dallo studio intitolato Global Food Losses and Food Waste (perdite e spreco alimentare a livello mondiale) sappiamo che un terzo del cibo prodotto ogni anno per il consumo umano, cioè circa 1,3 miliardi di tonnellate, va perduto o sprecato.

Nel processo di lavorazione dei prodotti agricoli, le principali cause di spreco sono le inefficienze nelle fasi produttive e i malfunzionamenti tecnici che provocano perdite in quantità e in qualità, danneggiando alimenti che finiscono con l’essere scartati.

Ma le principali cause dello spreco alimentare purtroppo sono anche l’ignoranza, l’eccesso di benessere e la pigrizia delle persone che, per ragioni economiche, estetiche o per la prossimità della scadenza di utilizzo, elimina-butta cibi anche se potenzialmente idonei al consumo.

Colgo l’occasione di questa riflessione sull’attualissimo tema dello spreco alimentare per raccontarmi, presentando un esempio semplice che fa da filo conduttore al mio modus-operandi in cucina:

  1. Non si sprecano alimenti;
  2. Sempre alla ricerca del gusto.

Mi è capitato di creare grandi piatti inaspettatamente, lavorando le “parti di scarto” di un animale o di un vegetale e ragionando sul cosa si possa fare con le materie prime a disposizione che offre la stagione in corso e il territorio in cui vivo, o semplicemente gli avanzi in frigorifero.
Oltre ad essere un esercizio divertente e fantasioso, ragionare in questo modo, anche a livello domestico, mi aiuta a ridurre il costo della spesa a beneficio di un bilancio famigliare più leggero.
Ma si tratta di un atteggiamento vantaggioso soprattutto se applicato nel lavoro, sia dal punto di vista economico sia creativo, perché mi consente di offrire ai clienti esperienze gastronomiche nuove, originali e gustosissime.

Porto l’esempio di questa bella ricciola acquistata intera al banco del pesce fresco.
Il costo del pesce è sempre a peso, quindi perché mai scartare e buttare testa e spina che anch’esse sono state pagate (è tra l’altro sono le parti più saporite del pesce)?
Dunque ho pulito il pesce ricavandone i due filetti, che ho abbattuto per conservarli in cella da utilizzare al momento dell’occorrenza per il menù ‘a la carte’.

La spina e le pinne le ho messe in olio di oliva a 80°C per 30 minuti, aromatizzato con un’infusione di aneto, timo, scalogno e aglio. La polpa che si ricava da questa olio-cottora è squisita e la si può utilizzare per condire un’insalata, per preparare un cus cus oppure per farne dei canapè. L’olio aromatizzato è un fantastico condimento per ogni piatto di pesce.
Successivamente, a questi ultimi “scarti” ho aggiunto sedano, qualche gambo di prezzemolo e acqua ghiacciata. Portando a bollore se ne ricava un’ottimo brodo utile per la preparazione di salse o risotti.

Ho tagliato la testa a metà, l’ho speziata e poi informata a 250°C con una sonda al cuore a 57°C.
Sfornata ha le sembianze di un galletto arrosto, con la crosticina dorata e la polpa succulente.

Hai mai assaggiato le guance del pesce? Sono una delle parti più gustose e saporite..
Con gli umori di cottura della testa ho poi preparato una salsa pil-pil, per accompagnare il piatto con una maionese (senza uovo) dal sapore marino.
Buonissimo! Un esplosione di sapori!!
Sul mio profilo Instagram puoi vedere la foto del piatto finito: https://www.instagram.com/ambra_marca_chef/

Anche con il tonno si possono fare dei miracoli! Molti apprezzano il cuore (soprattutto per l’antipasto, condito con un filo d’olio), lo stomaco, il fegato, e la lingua.
Anche in Sardegna sanno tramutare il lattume, cioè le gonadi del tonno, in una sorta di conserva salata, messa sotto il peso di tavole e pietre ed essiccata. Il risultato finale è un prodotto solido che ha lo stesso colore della crema, si taglia a fettine e diventa il valore aggiunto delle insalate. I polmoni, invece, possono essere lavorati con sale marino ed essiccati con ventilazione naturale.

E che dire delle uova di pesce? Un’altro capitolo ricchissimo di cui parlare..

Concludo citando le parole di “un monumento” della macelleria italiana e di fama internazionale: ”Lasciare un pezzo di carne nel piatto, non e’ solo un controsenso economico quanto piuttosto un oltraggio alla vita dell’animale’’.
Uno dei motivi per cui Dario Cecchini mi piace tanto è la sua filosofia: quella della sacralità del lavoro e del rispetto dell’animale, per esempio, del quale va usato fino all’ultimo tendine.

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